Santa Calata

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L’azienda peruviana che trasforma tesori vintage in capi che promuovono la libertà di mente, corpo e anima.

Fondata nel 2020, Santa Calata è un’azienda di ricostruzione genderless i cui capi parlano un linguaggio  inclusivo e trasgressivo per mezzo della nudità.

“Calata” deriva da una parola che significa “nudo”, e santificare il nudo è proprio quello che Pamela Calderón, anche nota come Lakul Delhood, cerca di fare.

La fondatrice e designer peruviana, grazie questo marchio con sede a Chicago, esplora il concetto di nudità attraverso la decostruzione dell’abito: l’azienda trasforma pezzi vintage in capi intramontabili e innovativi, ricreati interamente a mano attraverso processi creativi unici.

La genesi del marchio è avvenuta con la donazione di vecchi vestiti dai suoi nonni. Pamela ha sempre avuto una passione per l’abbigliamento vintage. Pertanto, dopo aver studiato moda, immersa nella pandemia, ha iniziato a decostruire i capi a lei donati per adattarli maggiormente al suo stile, fino a trasformare le loro storie in pezzi con nuovi significati. Un “abbraccio generazionale”, come lo chiama lei.

L’ispirazione di Santa Calata deriva anche dall’identità outsider della designer, come parte di una comunità con persone ugualmente escluse che, proprio come lei, cercano di comunicare la loro identità. Il segno distintivo delle sue creazioni si basa su concetti senza tempo che cercano l’inclusione e celebrazione della nudità, giocando con i corpi e l’espressione di genere, realizzando pezzi genderless che diventano gioielli contemporanei.

Il marchio è uno strumento di trasgressione contro la sessualità così come è stata stabilita dalla società. Attraverso pezzi ricostruiti a base di pelle, cashmere e altri elementi che giocano con i corpi e l’espressione di genere, riesce a creare capi con un sistema che copre più di una taglia alla volta, stabilendo una posizione sociale di totale inclusione.

Santa Calata sposa inoltre valori come sostenibilità e consapevolezza. Il marchio nasce nel pieno di un contesto di crisi sociale, culturale e soprattutto personale: non c’era altra scelta che spogliarsi davanti allo specchio e parlare da sola, rendendosi conto che durante la sua crescita, la nudità era stata considerata come tabù:«qualcosa di troppo trasgressivo per essere visto», spiega.

Depop è diventata la vetrina perfetta per mostrare le sue creazioni per la prima volta, dal momento che le ha permesso di farsi conoscere a un nuovo pubblico, creando una comunità che cercava di inneggiare alla libertà e riuscendo persino a santificare il nudo evitando, inoltre, la costante censura di Instagram.

Per molte aziende emergenti Instagram rappresenta uno dei più importanti canali per raggiungere un pubblico vasto. Tuttavia, questa censura cerca costantemente di invalidare il nudo come forma d’arte, non permettendo di pubblicare fotografie che celebrano il nudo nella sua forma più libera. Regola che Pamela non ha mai pensato di rispettare.

Nonostante la nudità porti ancora un sovraccarico di aspettative culturali e sessuali, molte persone sperano di vedere il giorno in cui i loro corpi non dovranno più sopportare questo tipo di fardello.