Michele Chiossi e l’ORB di Vivienne Westwood

Il designer italiano Michele Chiossi reinterpreta il concetto di “ORB”, già utilizzato nell’immaginario artistico della stilista Vivienne Westwood, dando vita ad una serie di opere esposte nella boutique del noto brand a Milano.

Michele Chiossi, classe 1970, ha fatto dell’analisi degli stati d’animo che attraversano l’uomo la sua arte. La sua ricerca visionaria è espressa in chiave metaforica sotto forma di sculture, quadri e oggetti d’arredo caratterizzate dal punto “zig zag” che lo ha reso celebre.  

Dal 1994 espone nei più grandi musei del mondo arrivando nella boutique di Vivienne Westwood.

Il tuo lavoro è un’analisi del quotidiano e un rinnovo del linguaggio. Ma come è stata rapportata questa filosofia al lavoro fatto per Vivienne Westwood?

È avvenuto tutto in modo naturale, proprio perché essendo un fan, oltre che un testimonial di Vivienne, il concetto di ORB fa parte veramente del mio quotidiano ormai. È stato di conseguenza anche naturale inserirlo all’interno della carta da parati spaziale. Mi appassiona la storia dell’ORB stesso che lei ha ripreso inserendo il satellite di Saturno e appropriandosene in modo punk. Un’azione tipica sua, dissacrante!

A proposito della carta da parati spaziale, come è nata?

L’ho creata proprio per questo evento, è una rielaborazione di un marmo che ho dipinto con la mia tecnica a zig zag, in cui ho eliminato le curve e disegno solo linee orizzontali e verticali che creano questo effetto pixel. Ho poi inserito le emoji delle stelle, degli astri, della luna e del sole ed infine l’amato ORB, concetto che poi ho approfondito con la scultura ricreando appunto il logo di Vivienne e creando questa opera mobile in acciaio e marmo utilizzando sempre il mio trademark. La rotazione della sessa scultura da il senso a tutto.

Come nasce il tratto zig zag?

E’ nato durate il periodo che ho vissuto a New York, negli anni 90. Volevo creare un tratto che fosse molto riconoscibile, che mi rappresentasse, ma che allo stesso tempo riportasse anche a una tradizione legata ai miei studi classici. Ho iniziato a disegnare su carta a quadretti, eliminando le linee curve. L’idea di lavorare con la carta a quadretti è a sua volta nata dalla frequentazione con Alighiero Boetti che ho avuto l’onore di conoscere.

Raccontami dell’incontro con Boetti, per la tua arte fondamentale.

Mi invitò nel suo studio e vidi i progetti per gli arazzi che stava disegnando su carta a quadretti e la cosa mi colpì. Eravamo negli anni della transavanguardia, dell’espressionismo e non c’era quindi un’idea di schema definito. Alla fine chiesi ad Alighiero se avrei potuto utilizzare a mia volta quel tipo di carta, e se in qualche modo la cosa andava a copiare il suo lavoro ma lui fu assolutamente disponibile. Ho quindi iniziato a lavorare con i quadretti e un anno dopo sono passato al disegno a mano libera.

C’è un opera in particolare di cui vuoi parlarci?

Ho lavorato questa primavera a una scultura che nasce dal mio tatuaggio su cui c’è scritto “SAVE THE FATE”. Ho riletto il classico cartiglio dell’old school dei tatuaggi, creando questa fascia volante in marmo nero e lavorando per la prima volta con la tecnica ad intarsio. Ho deciso poi di retro-illuminarlo, dando nuove accezioni all’opera e facendola diventa più vibrante.

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